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LA STAMPA
24 marzo 2006
Due pesi e due misure
di Lucia Annunziata


Sarebbe finita come ormai da anni finiscono tutte le tempeste fra Stati Uniti e Italia: in un bicchier d'acqua. Washington ha fatto sapere che la responsabilità dell'allerta («Public Announcement issued to alert» sono le parole usate dal Dipartimento di Stato) è tutta sua, ma che la decisione di diffondere il comunicato è fondata sui fatti e non ha nulla a che fare con la politica. Scagionato insomma Berlusconi dal sospetto di aver provocato l'avviso per attribuire alla sinistra una drammatizzazione del clima, e rassicurato Prodi sulla non partigianeria degli Usa. Sarebbe finita qui, in un bicchier d'acqua appunto. Se non fosse che, come tutte le mosse degli anni recenti degli Usa nei confronti dell'Italia, anche questa vicenda si presta a domande che non trovano del tutto risposta.

Il primo interrogativo ha a che fare con i toni e le parole usati dalla dichiarazione del Dipartimento di Stato. Va detto subito che è vero che questi annunci non sono degli «eventi». Vengono fatti con frequenza, e con la tendenza a esagerare il pericolo più che a sottovalutarlo, con lo scopo, soprattutto legale, di non esporre il governo Usa a cause di risarcimento da parte di cittadini americani incappati in difficoltà. La buona fede di Foggy Bottom è provata, in questo senso, da un fatto incontrovertibile: il 17 marzo, cioè pochi giorni fa, un identico alert è stato pubblicato per gli americani in Francia.

Tuttavia, è proprio leggendo l'avviso per la Francia che si notano alcune differenze usate nel comunicato per l'Italia. La Francia nelle ultime settimane è nel pieno di una ondata di manifestazioni di centinaia di migliaia di persone, spesso sfociate in seri scontri: questi raduni vengono definiti imprevedibili, si sostiene che possono diventare violenti, ma non ne vengono identificati né le ragioni né i protagonisti. Per l'Italia l'allerta è declinato al futuro, «dimostrazioni sono organizzate in varie parti del Paese in vista delle prossime elezioni parlamentari», e all'unico caso indicato, quello di Milano, viene attribuita una precisa paternità politica: «L'11 di marzo dimostrazioni da parte dei no global e gruppi anarchici a Milano sono divenute violente…».

La domanda principale nasce così da questa discrepanza fra le due situazioni: centinaia di migliaia di manifestanti francesi valgono quanto una manifestazione a Milano? E come mai in Italia si indicano con precisione i "no global" dando così una chiara connotazione di sinistra alle turbolenze? E, ancora, coma mai si mette in guardia solo dai "no global" e non dalle manifestazioni di Fiamma tricolore, di cui una è avvenuta a Milano l'11 marzo, e altre sono ora previste in altri posti in Italia? Il Dipartimento di Stato, in altre parole, teme l'estremismo in Italia, o solo i "no global"? Questioni di millimetro, di poche parole. Ma non è questo forse il compito della diplomazia, misurare le parole e pesare le virgole? Tanto più se (ed è anche questo compito della diplomazia) in un Paese è in corso una campagna elettorale all'ultimo voto? Tanto più se il Presidente degli Stati Uniti ha già ricevuto come amico, con un sostegno indicato come "personale", uno dei due contendenti? E' davvero così maldestro il Dipartimento di Stato? E se anche lo fosse, è maldestra anche l'ambasciata americana in Italia? Un ambasciatore nuovo, Ronald Spogli, è appena arrivato: parla un impeccabile italiano, a differenza di quasi tutti i suoi più recenti predecessori. Ha modi cortesi con destra e sinistra, e ha già conosciuto tutti quelli che ci sono da conoscere in Italia. Il che ci porta all'ultima domanda: dobbiamo pensare che un uomo con tali capacità abbia sottovalutato l'effetto "politico" che, a dispetto di tutto, l'annuncio del Dipartimento di Stato, avrebbe avuto?


INES TABUSSO