Io il rapporto tra Kit e Daniel l'ho percepito come una "fascinazione" del secondo nei confronti del primo, e comunque ho cercato di dirne qualcosa nel messaggio che ho postato su FB e che copio qui sotto.
Non so quali fossero le indicazioni di Boselli, ma penso che il fatto che Venturi abbia rappresentato Daniel come un bel giovanotto, più simile alla madre che al padre, non abbia molto giovato. Ti dirò che in certe sequenze, se non fosse per gli abiti, ho fatto fatica a distinguere Kit da Daniel.
La morte di Kit
Dopo aver letto
Il Rajah Bianco (Tex Gigante n. 758), terzo albo dei quattro dedicati al ritorno della Tigre Nera, ho deciso di abbracciare la tesi di un caro amico, esperto e appassionato di fumetti tra cui Tex: Kit è morto nell’albo n. 694 (
Kit contro Kit, albo conclusivo del
Ritorno di Proteus), prima ferito dal padre e poi travolto da un treno in corsa, e al suo posto, da quella volta, agisce Proteus.
Riconosco che, così facendo, non viene reso un gran merito a Proteus, che almeno nelle due storie sceneggiate da Gian Luigi Bonelli è stato rappresentato come un nemico molto abile e intelligente, ma preferisco pensare che quello stravolto al di fuori di ogni misura, e usato dai degnissimi eredi di GLB a seconda delle convenienze e delle impellenti necessità narrative — che lo vogliono ora coglione, ora versione “damigella in pericolo”, ora strafottente e incapace, e solo eccezionalmente e per caso come dovrebbe essere —, sia Proteus piuttosto che Kit.
Forse non occorre precisare che lo stravolgimento marca Boselli (prima c’era stato quello, indimenticabile, marca Nizzi) non comincia certo con il n. 694, visto che era in atto già da anni; ma di questi tempi non bisogna dare nulla per scontato, per cui preciso. E a comprova mi limito a citare tre storie, tanto per rinfrescare la memoria di alcuni storditi lettori:
Caccia infernale (n. 606-608),
E venne il giorno (Color Tex 1) e
Salt River (n. 627-628). Quanto al post-694, gli esempi si sprecano ma uno di quelli più istruttivi è certamente
I rangers di Finnegan (Albo speciale n. 33).
È bene anche ricordare che Ruju si è perfettamente allineato a quelle che, probabilmente, sono diventate delle direttive su come scrivere il figlio di Tex, e ha sfornato anche lui i suoi capolavori in merito. Per par condicio, ne cito ugualmente quattro:
La prova del fuoco (n. 598-599),
La pista dei Forrester (n. 680-681),
La gazza ladra (Color Tex n. 21) e, appunto,
Il ritorno di Proteus (n. 693-694).
Nella sequenza finale del n. 694 (pagg. 100-114) Kit viene inserito per rimpiazzare Carson, già impersonato da Proteus nella storia di Nizzi
Il delitto di Kit Carson (n. 316-317), quindi con il solo scopo di fargli recitare la scena anticipata in copertina: finire inerme in balia di Proteus.
Inoltre, in sole 14 tavole Kit riesce in ben due imprese da consumato pirla: approccia nel modo peggiore possibile Proteus, in quel momento travestito da anziana donna, finendo per prendersi una botta in testa da un passante, per poi svegliarsi in galera da dove lo tira fuori papino; si prende un’altra craniata cercando di fermare Proteus, che nella sequenza finale veste i suoi panni, e che non ci mette molto ad atterrare l’erede della stirpe dei Willer e di quella dei prodi Navajos: erede — anche lui evidentemente degnissimo —, che ancora una volta viene salvato dal padre.
Queste 14 tavole sono talmente imbarazzanti che la fantasia non ha mancato di venire in soccorso al dispiacere, alla rabbia e al senso di vergogna provati per il povero Kit. Ecco allora la tesi del mio amico: quello morto sotto il treno è Kit, mentre quello intontito dalla craniata e salvato da Tex è Proteus. Ed ecco anche una possibile spiegazione (tutta mia, stavolta): Kit è incavolato nero con suo padre, tanto, ma così tanto che gli urla “Maledetto!”, e gli spara.
Perché, chiederete voi? Perché nella scena fredda, arida, asettica imbastita da Ruju (pagg. 111-112), Tex è sicuro di riconoscere gli “occhi da serpente velenoso” di un suo nemico, ma non è capace di riconoscere da un’infinità di altri particolari il suo unico figlio.
Come finisce ormai lo sapete.
Perché leggendo
Il Rajah Bianco ho deciso di accettare l’idea della morte di Kit e vi ho tediato con questa lunga premessa, finendo involontariamente per copiare proprio il campione delle premesse senza fine ossia il curatore di Tex? Perché quello che agisce in questo albo, che riconosce di essersi “fatto fregare come un pollo” (pag. 26) e battibecca con il figlio di Sumankan, il “tigrotto” Daniel Silva — altro figlio degnissimo di degnissima stirpe —, non può essere Kit, non è riconoscibile come Kit, è inaccettabile come Kit; ma è evidentemente l’ennesimo esempio di come il carattere di un personaggio venga piegato a seconda delle necessità narrative.
Fin dal primo dialogo tra Kit e Daniel, nell’albo precedente, ho colto i prodromi di ciò che avremmo visto in questo terzo albo: una riproposizione del rapporto tra Kit e Kid Rodelo (
Il prigioniero di Yuma n. 640-642 e
Winnipeg n. 658-660), ma a parti invertite. Pertanto quello “adulto”, rozzo, stronzo, manipolatore e che viene adulato qui è Kit, mentre quello “giovane”, più a modo e bene istruito (studi a Oxford, campione di boxe, giocatore di scacchi, esperto di Kriss e di Parang Ilang, un po’ pirata e un po’ damerino, madre assassinata e padre lontano… eccheppalle!), forse pure un po’ effeminato (“ha ereditato la dolcezza da sua madre”, dice di lui la Tigre Nera, pag. 48), che vorrebbe manipolare ma viene manipolato, che vorrebbe piacere a Kit perché a sua volta lo ammira, e che resta affascinato dal “selvaggio” Kit è Daniel.
Che succederà nel prossimo albo? Il Rajah Bianco verrà spodestato e la Tigre Nera morirà, ma la dinastia con a capo il “tigrotto” sarà salva? Basteranno “i ricavati” delle imprese criminali del padre per la ricostituzione del regno di Tuamangung? Kit e Daniel faranno un’ultima partita a scacchi? Come la prenderà Daniel quando scoprirà “i dettagli peggiori e più crudi” (pag. 48) delle imprese americane del padre? Riuscirà Tex a fare avere al capitano Van Horn il "rimborso per le spese sostenute" (pag. 68)? Come addestreranno i Sepoys Tex e Carson? A suon di dimostrazioni, come quella a pag. 92-94, degna riproposizione dell'esibizione di Tex e Kit contro le statue nella storia della
Stirpe dell'abisso (n. 649-651)? Cosa mangerà Carson, nel frattempo? Le “giovani larve dello scarafaggio della palma di sago” (pag. 84)? Che ne sarà della povera Lohana, stranamente l’unica quota rosa di questa storia?
Non dubito che siano queste le domande ficcanti, quelle che interessano i lettori moderni. Anche loro, come gli spettatori del Trono di Spade, «si sono lasciati catturare del gusto di scoprire quali altre “regole di narrazione” implicite sarebbero state infrante», in attesa del momento in cui verranno «eliminati di punto in bianco Eroi amatissimi» (C. Vogler,
Il viaggio dell’eroe, 1999, Dino Audino editore, pag. 9), sostituiti da personaggi moderni con un passato ricco di incognite, oppure in attesa dei festeggiamenti per gli ottant’anni di Tex, in cui si provvederà a festeggiare il ranger e i suoi pards con un’altra storia celebrativa come
La cavalcata del destino (n. 755), con un altro Higgins, un altro caposaldo violato, un'altra lancia spezzata da qualsiasi cosa, ma non dal Destino o dalla Giustizia divina o da un solenne giuramento di vendetta.
[Modificato da Myra Solano 12/12/2023 12:44]
"Non fare quella faccia contrita! Con me non attacca!"