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C'è un detto dorniano che recita "Metà degli Uller sono mezzi pazzi, l’altra metà è anche peggio."

Dominic Uller era la prova vivente della seconda metà di quel proverbio.
Era un Uller di un ramo cadetto di un ramo cadetto di un ramo cadetto.
Qualcuno avrebbe detto che non valeva neppure lo sforzo di pronunciare il suo cognome.
Infatti praticamente nessuno lo chiamava Dominic Uller. Per tutti lui era "il Dom".

Il Dom non è che avesse particolare voglia di imparare l'arte della spada o della lancia. E non aveva neppure una grande predisposizione per i libri o per le preghiere.
In verità, l'unica cosa che al Dom venisse bene era quella di mettersi nei guai, prendendosi dei rischi oltre l'immaginabile.

Quel pomeriggio, insieme al suo gruppo di scapestrati amici, il Dom aveva tirato su una delle sfide più classiche: acchiappa il serpente.
Ogni dorniano degno di questo nome sa bene come trattare i serpenti. Il posto più sicuro dove afferrarli e immediatamente dietro la testa, in modo da averne il pieno controllo.
'Acchiappa il serpente' si basava proprio su questo: avrebbe vinto il gioco chi si prendeva il rischio maggiore e afferrava il serpente il più lontano possibile dalla testa. Ovviamente usando serpenti velenosi, altrimenti il gioco avrebbe perso tutta la sua attrattiva.

Il Dom era l'indiscusso vincitore di praticamente ogni sfida. Di tanto in tanto qualcuno provava a spingersi più in là di quanto faceva lui, ma per chi ci provava non finiva mai bene e non aveva mai la possibilità di provarci una seconda volta.

Galen fu il primo a cimentarsi nel gioco. Afferrò il serpente a metà corpo, ma quando la vipera si contorse indietro lasciò la presa e la vipera ricadde nella cesta di vimini.
Il Dom sorrise soddisfatto. Sapeva che per essere ritenuta valida la presa, si doveva contare almeno fino a cinque. Galen era arrivato a malapena a due.
Poi fu la volta di Dana e Moby. La prima andò sul sicuro posizionando la mano qualche dita dietro la testa. Moby restò nella prima metà del corpo, poco sopra rispetto a Galen ma arrivò fino a cinque.

Il Dom si fece largo nel gruppo.
"Acchiappa il serpente, mettilo sotto il dente!" canticchiò.

Fece scattare la mano e afferrò la vipera praticamente dalla coda, agitandolo e scuotendolo.
"Uno, due" contavano tutti a gran voce insieme a Dom.
Il Dom schivò di lato un tentativo di morso della vipera senza mollare la presa.
"Tre, quattro."
Dominic si mese la coda del serpente in bocca e fece finta di mordere.
"Cinque!" La vipera stava per attaccare di nuovo ma il Dom lasciò la presa all'ultimo istante.

Gli amici gli si strinsero intorno dandogli pacche sulla schiena e congratulandosi.

"Allora, credo di essermela meritata una coppa di rosso, no?
La prossima volta la coda gliela stacco davvero e la intingo nel vino!"

Tra le risate, Galen chiese: "Domani a cosa ci sfiderai?"

"Domani è un altro giorno, mio caro Galen. Domani ci penseremo..." e tra risate e schiamazzi si diressero verso la locanda per bere al loro coraggio... o alla loro incoscienza.


Ser Arthur Dayne
The Sword of the Morning


«Tutti i cavalieri devono sanguinare.
È il sangue il sigillo della nostra devozione.»