quota sociale

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contestatore.
00giovedì 29 aprile 2010 17:22
ciao a tutti, sono qui a chiedervi un aiuto. sono un assistente sociale che lavora presso la asl, nella disabilità, e spesso mi capita di chiedere ai comuni il pagamento della quota sociale per progetti di inserimento di disabili in RSA. A me risulta che (secondo la legge regionale della toscana 66/2008) gli utenti disabili ultrasessantacinquenni compartecipano al pagamento della suddetta quota sociale, ma anche i genitori, i figli e il coniuge. Tale legge non specifica nulla circa l'utenza al di sotto dei 65 anni. Da qui la solita disputa con le colleghe comunali: io sostengo che quando l'inserimento riguarda un adulto disabile (quindi con meno di 65 anni), è solo lui a dover compartecipare (e nessun altro dei parenti, nè il coniuge), mentre le colleghe sostengono che invece, oltre all'interessato, sono tenuti anche i soggetti citati all'articolo 433 del codice civile (figli, genitori, suoceri, generi). Siete al corrente di qualche legge a riguardo, o notizie ufficiali? ciao e grazie
Francesca.Cagliari
00giovedì 29 aprile 2010 21:47
Ciao...in realtà l'argomento è molto complesso!!!
Credo che pochi comuni si comportino in modo corretto in merito..

Il Decreto Legislativo 130/2000 e il precedente Decreto Legislativo 31 marzo 1998 n. 109 affermano che bisognerebbe chiedere l'isee per qualsiasi intervento socio assistenziale sanitario....e che, per gli utenti disabili (104/92) e ultrasessantacinquenni non autosufficienti, si dovrebbe utilizzare il solo reddito personale.....
Quindi il discorso da te citato non funge troppo pare..almeno non secondo qs normative nazionali....
Il problema è che poi ogni regione ha legiferato in maniera diversa...alcune regioni, tipo la mia, pare non abbia manco legiferato in materia!!!
Questo almeno è ciò che ho interpretato io...e altre mie tante colleghe.....

Quindi in teoria non si può legalmente chiedere il reddito dei parenti.....o specialmente chiedere il loro contributo sia che siano conviventi o no....anche se tenuti agli elementi secondo il codice civile ;)

Il problema??? Alla fine nessun utente in qs maniera risulterebbe avere reddito......e qui, siamo in Italia, sappiamo che esistono i furbi e quelli che invece hanno bisogno........
Inoltre pochi comuni hanno veramente i fondi necessari per prevedere il pagamento della quota sociale dell'utente.....quindi cosa dobbiamo rispondere noi assistenti sociali a chi si rivolge per chiedere aiuto in qs senso???
Beh..io mi sono già trovata a dover rispondere che si sarebbero dovuti organizzare per conto proprio......quindi di "attaccarsi"..
Naturalmente non ho dato qs risponsta molto poco professionale ;)....ma il succo è lo stesso...
Serenella70
00venerdì 30 aprile 2010 09:40
Fai un po' di confusione. In realtà una cosa sono i Decreti che disciplinano l'ISEE dove da nessuna parte c'è scritto che in un nucleo famigliare il disabile possa fare un ISEE da solo e una cosa sono le leggi regionali o i regolamenti delle strutture che consentono questo. C'è poi un largo movimento di opinione e una forte spinta da parte delle associazioni dei disabili perché questa cosa venga normata ma in realtà nessuna norma lo prescrive. Quindi l'ISEE viene fatto prendendo tutti i compnenti del nucleo come previsto dal 109 e seguenti. Il discorso della compartecipazione dei famigliari esula dalla formazione dell'ISEE e va ricondotto all'art. 433 del codice civile che indica i parenti civilmente obbligati e seguenti. In realtà l'unica persona titolata a chiedere mantenimento o alimenti ai parenti civilmente obbligati è la persona stessa, l'ente che lo ospita non lo può fare anche se spesso lo fa. Quindi è la persona che direttamente se può o con l'ausilio di un tutore o amministratore di sostegno può promuovere l'azione legale per avere il mantenimento o gli alimenti dai congiunti obbligati e quindi la compartecipazione alla retta di ricovero. Secondo me il Comune di residenza nel momento in cui ha la richiesta di compartecipazione da parte della struttura al pagamento delle spese dovrebbe chiederle alla persona ricoverata e se questa non può provvedere autonomamente chiedere che la stessa o il tutore promuova azione nei confronti dei parenti. Noi abbiamo adottato un escamotage, di norma per regolamento la retta vaa pagata per intero dal ricoverando se questi non riesce a fare fronte al pagamento i parenti possono chiedere un contributo economico al Comune e quindi presentano l'ISEE e per ognuno noi calcoliamo se hanno o meno diritto al contributo e di conseguenza se possono o meno sostenere una quota della retta e che quota. Se però un pparente si rifiuta comunque di pagare la propria quota bisogna seguire la strada di prima, non possiamo noi obbligarlo a versarla ma solo l'interessato
Francesca.Cagliari
00venerdì 30 aprile 2010 11:00
Sì scusate..lo so ho mischiato due discorsi!
Concordo con quello da te precisato.....che era ciò che in realtà volevo esprimere anche io...

Aggiungo che cmq si parla di reddito personale..e non di quello del nucleo familiare da ciò che so semmai....poi certo..non isee a qs punto...
Cmq sì..nemmeno noi chiediamo legalmente ai parenti di contribuire alle spese, visto che infatti non lo si può fare.....ma alla fine lo consigliamo, facendo presente che o si procede in qs maniera..o il comune cmq non ha soldi..
Qs è alla fine chiaramente per i comuni privi di fondi o con fondi esigui...
Quindi non dico ai miei utenti che devono per forza pagare loro, ma che se non lo fanno, il comune cmq non può pagare per il loro parente...
Quindi alla fine tanti rinunciano all'inserimento...
Guerra tra poveri purtroppo...
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